Elaborazione del lutto

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Elaborazione del lutto. Departures

Elaborazione del lutto. Concezione di sé e del mondo: tra nuove configurazioni del lutto e bisogno di significazione

Elaborazione del lutto. Trascrizione parziale della videoconferenza che ho tenuto nel contesto del ciclo di incontri “Quando la marea si ritira – When the tide goes out” organizzata dalla Fondazione Altre Parole e coordinata dal dr. Luca Riccardi. 25 Maggio 2021.

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Elaborazione del lutto. Siamo nani sulle spalle di giganti?

Vorrei iniziare con una semplice considerazione: come esseri umani siamo privi di memoria storica, e di prospettiva.

Diceva Bernardo di Chartres che noi siamo come “nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti”.  Il problema è che sulle spalle dei giganti non ci vuole stare nessuno. Ognuno è convinto di avere già una statura più che sufficiente, e una visuale abbastanza ampia, per affrontare il nuovo mondo. Ma nella loro essenza mondo, e la natura, non sono nuovi. Sono sempre gli stessi. E ogni tanto tornano a ricordarcelo. E a mettere  in pausa i nostri deliri schizoparanoidei e ipomaniacali di onnipotenza e di invulnerabilità. E a metterci nella condizione di risperimentare quello che Freud chiamava il  senso della caducità.

Mi piace l’idea di rileggere insieme a voi alcuni brevissimi passi di “Caducità”, che possono fornirci alcuni spunti di riflessione,

Elaborazione del lutto. Sperimentare la caducità 

“Non molto tempo fa, in compagnia di un amico silenzioso e di un poeta feci una passeggiata in una contrada estiva in piena fioritura. Il poeta ammirava la bellezza della natura intorno a noi ma non ne traeva gioia. Lo turbava il pensiero che tutta quella bellezza era destinata a perire. Tutto ciò che egli avrebbe altrimenti amato e ammirato gli sembrava svilito dalla caducità cui era destinato”.

“Un anno dopo la guerra (pandemia) scoppiò e depredò il mondo delle sue bellezze. E non distrusse soltanto la bellezza dei luoghi in cui passò e le opere d’arte che incontrò sul suo cammino; infranse anche il nostro orgoglio per le conquiste della nostra civiltà, ci depredò di tante cose che avevamo amate e ci mostrò quanto siano effimere molte altre cose che consideravamo durevoli, e a costringerci ad elaborare il lutto per la perdita“.

Elaborazione del lutto. Noi sappiamo che il lutto, per doloroso che sia, si estingue spontaneamente. 

C’è da sperare che le cosa non vadano diversamente per le perdite provocate da questa pandemia. Una volta superato il lutto torneremo a ricostruire tutto ciò che la pandemia ha distrutto, forse su un fondamento più solido e duraturo di prima. A partire da questa considerazione:

Le epoche migliori per l’umanità sono state quelle immediatamente successive a eventi traumatici collettivi.

Spesso grandi crisi hanno guidato l’umanità verso  fasi di maggior salute mentale e miglioramenti di carattere sociale. C’è qualcosa di prezioso in ogni grande sconvolgimento, tanto più degno d’attenzione e di cura quanto più alti sono  il prezzo pagato, la rovina, le perdite subite.

I dopoguerra in Europa, i post-pandemia sull’intero pianeta (la peste del 1348 provocò la fine del Medio Evo e l’inizio del Rinascimento)  la fase post haparteid in Sudafrica.  Fasi di carattere depressivo – riparativo. Fasi in cui è stato effettuato un lavoro di ricostruzione del mondo interiore e del mondo esterno. Fasi in cui gli esseri umani sono stati momentaneamente capaci di elaborare la propria  ambivalenza e di porre un freno alla scissione, alla paranoia, all’ipomaniacalità.

Sono epoche che durano poco. Ma innescano trasformazioni sociali importanti. Durano poco perché gli esseri umani dimenticano. Abbiamo la forte tendenza a ripartire ogni volta dal punto zero. E a sorprenderci regolarmente quando la vita si presenta a chiedere il conto.

Niente di nuovo sotto il sole

Anche in questo caso, allora, verrebbe da dire: niente di nuovo sotto il sole. È solo la vita che ripropone le domande che ci inseguono dall’alba dei tempi. “Chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando?” Cosa incontriamo lungo il percorso?

Poiché non riusciamo a trovare una risposta sensata a questi quesiti elementari, proviamo continuamente a riformulare le domande, nei modi più fantasiosi.

Qual è il senso fondamentale della vita, dell’universo e tutto quanto? Perché la terra non è piatta? Perché la borsa è crollata? Perché piove? Perché una pandemia proprio adesso? Perché la reclusione, perché la solitudine, perché così poco rumore, perché ho dovuto rallentare? Perché il dolore e lo spavento? Perché la morte? Perché in fondo alla strada non c’è il nido dell’arcobaleno ma solo una sottile linea d’ombra, immersa nel silenzio?

Elaborazione del lutto in questa fase storica.

Questo introduce al tema del lutto. Quando parlo di lutto mi riferisco non solo in senso stretto alla perdita di una persona amata, ma in senso più generale alla perdita di certezze, punti fermi, riferimenti culturali e sociali, prassi, abitudini consolidate. Perdita del senso di onnipotenza e del senso di invulnerabilità. Perdita di fiducia nelle magnifiche sorti e progressive.  L’elaborazione del lutto non ha adesso caratteristiche diverse rispetto al doloroso lavoro intrapsichico richiesto in altre infinite circostanze nel corso dell’esistenza e nella storia del pianeta.

Elaborazione del lutto. Le tappe. I processi intrapsichici rimangono immutati. 

  • Negazione: “Non è possibile!” “Non sta accadendo” “È una montatura dei giornali” “È un imbroglio dei poteri forti”.
  • Rabbia: è il momento in cui l’ira si scatena. È rabbia verso l’oggetto perduto, verso il fato e gli dei, verso i responsabili della perdita, verso chi non è stato capace di prevenirla e impedirla (nazioni, governi, OMS). È rabbia che può scatenarsi anche contro se stessi.
  • Patteggiamento: “se supero questo momento, non farò più errori” si cerca di riacquisire l’esame di realtà e trovare delle strategie per affrontare il problema.
  • Depressione: è il momento in cui la perdita non può più essere negata. Il momento della riflessione triste sul senso di umana vulnerabilità e impotenza, di fronte alle leggi della vita. Il futuro appare incerto. Il passato un doloroso promemoria di ciò che è stato perduto.
  • Accettazione: il tempo della ripartenza. Il dolore e lo sgomento non sono più un peso insopportabile. Ritornano le motivazioni, la vita riacquista un senso, il futuro torna ad essere una prospettiva vitale. La perdita è stata accettata ed elaborata.

Elaborazione de lutto. Cosa cambia. La ritualità del lutto. 

Ciò che ha certamente subito un cambiamento è la ritualità connessa alla separazione. Lo stato di sospensione in cui siamo entrati ha reso impraticabili i comuni riti funebri, siano essi di carattere religioso o laico.

In assenza di un rituale collettivo, quindi senza il conforto diretto della propria rete familiare e sociale,  l’inizio del lavoro di elaborazione del lutto si complica.

Elaborazione del lutto. La mia esperienza personale.

Ho sperimentato personalmente questa dimensione. Nell’Aprile del 2020, in un periodo di massima restrizione, è morta mia madre. Il rito funebre è stato celebrato con la presenza di due persone, una delle quali era il sacerdote. Mi sono chiesto cosa mancasse in quel momento. 

Mancavano la vicinanza e la solidarietà della rete familiare sociale
Mancava il cerimoniale del lutto.

Riti religiosi e laici. Un film sulla morte, che celebra la vita: Departures


È stato il momento in cui mi è venuto in mente un film giapponese, delicato e poetico. È un film che parla della morte, ma è di fatto una celebrazione della vita. Il titolo originale è Okuribito, ma Il film è conosciuto in Occidente come Departures. È la storia del giovane Daigo Kobayashi, un violoncellista che resta senza lavoro perché l’orchestra di Tokyo in cui lavora si scioglie per mancanza di pubblico. In cerca di un nuova occupazione  risponde ad un annuncio per “assistente alle partenze”.  Quando è ormai troppo tardi si rende conto che si tratta in realtà di un lavoro di “assistente alle dipartite”. L’incarico che gli viene offerto è quello di “tanatoesteta”. Di esteta della morte. Ma anche di “maestro di cerimonia” del rito commemorativo. Nella cultura giapponese la cerimonia di ricomposizione e vestizione del defunto, chiamata nokanshi, avviene seguendo un rituale antico e ricco di significati simbolici. Con gesti rituali, lenti e raffinati, la salma viene lavata, accarezzata con dolcezza, ricomposta e, con l’aiuto della cosmesi, le viene restituita nella morte la bellezza posseduta in vita. Si tratta di un cerimoniale collettivo, al quale partecipano i familiari del defunto. Questa, in ambito laico e in ambito religioso, è la dimensione che abbiamo perduto nel lungo periodo critico della pandemia: la possibilità della celebrazione condivisa. La possibilità di stemperare con la vicinanza affettuosa di altri esseri umani lo sgomento generato dalla perdita.

Elaborazione del lutto. Una visione prospettica

Tra i molti momenti toccanti del film scelgo di consegnarvi questo. Una frase pronunciata dall’addetto alle cremazioni, di fronte all’ennesimo viaggiatore in partenza.

““Più passa il tempo più mi convinco che questo non sia il punto di arrivo, ma una soglia che conduce ad una ripartenza”

Departures

Auguro a tutti noi, e all’umanità, che la fine di una pagina della nostra storia possa essere il preludio ad un nuova avvincente storia vitale. Un po’ meno maniacale, più lenta e delicata. Fino al momento, almeno, in cui perderemo di nuovo la memoria.

Adriano Legacci


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