Gli uomini sono ancora bambini?

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Gli uomini sono ancora bambini?
Oppure sono proprio pazzi?

 

Ho letto recentemente un articolo di Vittorino Andreoli, uno dei massimi esponenti della psichiatria contemporanea, ex direttore del Dipartimento di psichiatria di Verona, membro della New York Academy of Sciences e presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association.  Il secondo è di Umberto Veronesi, politico e oncologo, direttore dell’Istituto Europeo di Oncologia.

 

L’Italia è un paziente malato di mente – dichiara Andreoli.  Malato grave. Dal punto di vista psichiatrico, direi che è da ricovero. Però non ci sono più i manicomi”.

 

 

Il DR. ANDREOLI IDENTIFICA 4 SINTOMI PRINCIPALI NELLA MALATTIA MENTALE DEGLI ITALIANI

 

  1. Masochismo nascosto (dietro la maschera dell’esibizionismo). “Mi sto facendo del male, ma guarda quanto sono figo”.
  2. Individualismo spietato. Assenza del senso del bene comune e incapacità di pensare e muoversi come un “Noi” privilegiando sempre e comunque l’”Io”.
  3. La recita. “Noi esistiamo per quello che diciamo, non per quello che abbiamo fatto. Ecco la patologia della recita: l’italiano indossa la maschera e non sa più qual è il suo volto”
  4. Fede nel miracolo.“Pensare che domani, alle otto del mattino ci sarà il miracolo. Poi se li fa Dio, San Gennaro o chiunque altro poco importa. Insomma, per capirci, noi viviamo in un disastro, in una cloaca ma crediamo che domattina alle otto ci sarà il miracolo che ci cambia la vita. Aspettiamo Godot, che non c’è. Ma vai a spiegarlo agli italiani”.

Vorrei brevemente riconsiderare i 4 punti.

 

1. MASOCHISMO NASCOSTO (DIETRO LA MASCHERA DELL’ESIBIZIONISMO)


A ben guardare è un po’ masochista anche la considerazione del dr. Andreoli – italiano lui stesso, dopotutto. Più che un problema degli italiani direi che siamo di fronte a problemi –antichi come il mondo- propri della razza umana.  Siamo una razza “bambina”, presente sul pianeta da appena 200.000 anni. Un battito di ciglia nella tenace e infinita fissità degli occhi del tempo. Non è possibile sorprendersi se siamo ancora pervicacemente, inestricabilmente , piccoli, sprovveduti, inetti e infantili. Occorreranno ancora alcune decine di migliaia di anni affinché la razza umana possa entrare in adolescenza  e –auspicabilmente, un giorno- nell’età adulta. Nel frattempo non mi sembra saggio bollare come pazzi e voler rinchiudere in manicomio i poveri italiani. Mi sembra decisamente più interessante segnalare loro che è “umano, molto umano” vivere una parte della propria vita comportandosi come bambini. E che ugualmente è possibile, qui, ora, su questa terra, aspirare ad una crescita personale e collettiva di proporzioni inimmaginabili.  Alla stessa stregua dei cosidetti “malati di mente”, gli uomini non hanno bisogno di manicomi. Né di Torquemada  e di inquisitori che stigmatizzino tutto ciò che  di horrĭbĭlis è presente nella loro esistenza e additino loro l’appropriato girone infernale.  Gli uomini hanno un bisogno disperato di opportunità di risveglio delle loro infinite e inimmaginabili potenzialità latenti. Hanno bisogno di modelli, di maestri, di guide, di opportunità evolutive. Hanno bisogno di coraggio, di luce, di fiducia e di speranza.

 

2. INDIVIDUALISMO SPIETATO

È a mio avviso il risultato di un mix di 4 fattori.

  1. Egocentrismo infantile
  2. Egoismo tout court
  3. Narcisismo
  4. Idea che ogni uomo sia un’isola (assenza di una visione spirituale della vita che trascenda l’entità IO)

2. 1. Primo fattore dell’individualismo spietato: EGOCENTRISMO INFANTILE. 


L’egocentrismo infantile è stato definito dallo psicologo svizzero Jean Piaget come “l’incapacità del bambino di fare distinzione tra il proprio punto di vista sul mondo e quello degli altri”. E’ una condizione connessa a due fattori principali:

1. Il bambino deve prima conoscere e sperimentare la propria realtà psicologica prima di poterla confrontare con quella degli altri.

2. Lo sviluppo cognitivo del bambino, nei primi anni di vita (e talvolta per molti decenni a seguire…) non consente, da un punto di vista strettamente fisiologico, di processare adeguatamente le informazioni.  Il neonato rappresenta l’espressione più alta di egocentrismo:

  • rifiuta ogni ente, oggetto o fenomeno  che non sia destinato a soddisfare i suoi bisogni;
  • non ha alcuna percezione della distinzione tra sé e il mondo esterno.

Nei primi 3 anni di vita avviene una progressiva comprensione della distinzione tra mondo interno e mondo esterno; la cui differenza deve essere continuamente rimarcata dall’uso insistente dell’aggettivo possessivo “MIO”.   Tra i 2 e i 4 anni,  Il pensiero resta fisiologicamente egocentrico. Per il bambino è naturale immaginare che tutti conoscano i suoi pensieri e i suoi desideri; i pensieri e i desideri degli altri non hanno rilevanza.

L’egocentrismo  infantile tende ipoteticamente a scomparire intorno ai 7 anni. Talvolta, e a sentir il dr. Andreoli particolarmente in Italia, non scompare mai.

 

2. 2. Secondo fattore dell’individualismo spietato: EGOISMO


Una quota di egoismo “sano” è ineliminabile e perfino auspicabile nello sviluppo armonico della personalità.

Amore e rispetto per sé stessi includono la capacità di manifestare in alcune circostanze esigenze di tipo egoistico. Un essere umano compiuto e realizzato, ragionevolmente egoista,  spargerà intorno a sé petali di fiori, e i frutti del proprio benessere.  L’altruista “ad ogni costo” e contro ogni ragionevolezza rischierà di dissanguare sé stesso e di travolgere nella propria caduta le persone a cui desiderava essere d’aiuto. E’ il caso dei genitori che antepongono sempre e comunque i figli alla propria realizzazione personale. E’ il caso dei figli  che per un malinteso senso di gratitudine verso i genitori immolano sé stessi sull’altare della riconoscenza, rinunciando a vivere la propria vita.

Ma il dr. Andreoli, parlando di individualismo spietato,  si riferisce ad un altro tipo di egoismo. All’egoismo della persona rimasta ferma alla fase infantile in cui:

  • tutto deve essere preso e niente può essere dato;
  •  l’Io è al centro del mondo;
  • la sola cosa che conta è l’affermazione della propria esistenza perseguendo l’utile personale: tutto ciò che si oppone alle esigenze dell’IO – la semplice esistenza dell’altro è una forma di opposizione-  deve essere oltraggiato, calpestato e devastato

E questo ci porta direttamente al terzo punto:

 

2.3. Terzo fattore dell’individualismo spietato: NARCISISMO



Gli uomini sono bambini. NarcisismoIl disturbo narcisistico è un disturbo di personalità il cui aspetto principale è una drammatica riduzione – fino all’annullamento- della capacità di provare empatia  o coinvolgimento affettivo rispetto ad altri esseri umani.  L’accento emotivo del narcisista è posto unicamente su se stesso, quale centro dell’Universo e depositario di ogni valore. L’idealizzazione estrema di sé, della propria centralità e della propria onnipotenza,  genera uno stato di egoismo profondo, di cui la persona non è in genere consapevole. Questo è all’origine di una forma di alterigia e di disprezzo verso qualsiasi cosa e chiunque rappresenti “l’altro da sé”. E’ un atteggiamento che può generare sofferenza, disagio sociale, significative difficoltà relazionali, e al contempo essere all’origine di straordinarie affermazioni in campo economico, politico, culturale, militare e sportivo.

La formulazione di una diagnosi di Disturbo Narcisistico di Personalità richiede  che almeno cinque dei seguenti sintomi siano presenti in modo tale da formare un pattern pervasivo, cioè che rimane tendenzialmente costante in situazioni e relazioni diverse. E’ possibile che alcuni italiani si possano riconoscere.

  • Senso grandioso del sé ovvero senso esagerato della propria importanza.
  • È occupato/a da fantasie di successo illimitato, di potere, effetto sugli altri, bellezza, o di amore ideale.
  • Crede di essere “speciale” e unico/a, e di poter essere capito/a solo da persone speciali; o è eccessivamente preoccupato da ricercare vicinanza/essere associato a persone di status (in qualche ambito) molto alto.
  • Desidera o richiede un’ammirazione eccessiva rispetto al normale o al suo reale valore.
  • Ha un forte sentimento di propri diritti e facoltà, è irrealisticamente convinto che altri individui/situazioni debbano soddisfare le sue aspettative.
  • Approfitta degli altri per raggiungere i propri scopi, e non ne prova rimorso.
  • È carente di empatia: non si accorge (non riconosce) o non dà importanza a sentimenti altrui, non desidera identificarsi con i loro desideri.
  • Prova spesso invidia ed è generalmente convinto che altri provino invidia per lui/lei.
  • Modalità affettiva di tipo predatorio (rapporti di forza sbilanciati, con scarso impegno personale, desidera ricevere più di quello che dà, che altri siano affettivamente coinvolti più di quanto lui/lei lo sia).

2.4. Quarto fattore dell’individualismo spietato: IDEA CHE OGNI UOMO SIA UN’ISOLA  (assenza di una visione spirituale della vita)

 

Fin dal primo istante in cui veniamo al mondo siamo condizionati a pensare a noi stessi come monadi, enti isolati, pianeti che ruotano su se stessi e intorno  a se stessi, in un universo desolatamente vuoto. Il bisogno disperato di dare un senso alla vita è stato colmato da valori effimeri e transeunti, da miraggi e fate morgane; l’esigenza umana di una dimensione spirituale e la percezione dell’ horror vacui insito nell’esistenza  hanno generato il bisogno di colmare il vuoto con un parlottio incessante, il cielo con Dei antropomorfi tirannici, punitivi e vendicativi, proiezione dei desideri  e delle angosce della parte più arcaica della mente umana.  In nome di tali Dei sono state compiute le peggiori nefandezze sul palcoscenico del teatro della vita.

La mancanza della percezione di sé come esseri spirituali impedisce agli esseri umani bambini-in-divenire di attingere alla consapevolezza dell’unità e della mutua interrelazione di tutte le cose e di tutti gli eventi. Alla percezione che tutti i fenomeni del mondo sono manifestazioni di una fondamentale unicità, elementi inseparabili e interdipendenti nel flusso dell’Universo.

“Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è parte del continente, parte del tutto; se una zolla viene erosa dal mare, l’Intera Europa ne è diminuita, così come se scomparisse un promontorio, o se crollasse la tua dimora o quella del tuo amico; la morte di ogni uomo mi sminuisce perché faccio parte dell’umanità; quindi non chiederti mai per chi suona la campana; essa suona anche per te” (John Donne)

Qualcuno obietterà che si tratta di una visione spirituale e mistica dell’esistenza. E non avrà torto. È esattamente ciò di cui gli esseri umani hanno maggiormente bisogno in questa fase di transizione evolutiva. Ne hanno bisogno più ancora che di nuove e ardite scoperte scientifiche (“Il motivo per cui non è facile alla gente vivere in pace, sta nel suo troppo sapere” – Lao Tze ); più della cura per il cancro, più di ogni social network, più del pane quotidiano, dei debiti contratti o rimessi; più dell’esenzione dalle tasse e dalle tentazioni; più delle lavanderie a gettone, della domotica, degli skylift, dei marron glacé, della Search Engine Optimization,  e di ogni genere di protesi meccanica, psicofarmacologica  e informatica.

L’idea della sostanziale unità nelle cose dell’Universo, dell’interdipendenza e inseparabilità del tutto cosmico è già presente nel pensiero di uno dei maggiori filosofi di tutti i tempi, Eraclito di Efeso (535 a.C. –  475 a.C.)

Ascoltando non me, ma il lógos, è saggio convenire che tutto è uno. (Eraclito)

Unico e comune è il mondo per coloro che sono desti. Comune infatti è il principio e la fine nella circonferenza del cerchio. (Eraclito)

Non vi è nulla di cui si possa dire che è, ma che una sola sostanza fa da sostrato a tutte, e da questa esse nascono per mutazione di forma (Su Eraclito. Aristotele, De caelo, 2981, 29-35).

È una consapevolezza che ritorna nel pensiero mistico orientale.

Nell’Induismo la moltitudine di cose ed eventi che ci circondano altro non sono che la manifestazione della stessa realtà ultima, il Brahman.

Il Buddismo ha identificato tra le cause dell’umana sofferenza il “futile attaccamento”. Dividiamo il mondo che percepiamo in cose separate  distinte, e tentiamo di forzare la fluidità, l’interrelazione e il dinamismo della realtà in categorie semantiche rigide, artificialmente distinte,  e create dalla mente.

Nel Taoismo il senso dell’unità, dell’unicità e dell’interdipendenza permeano l’intero sistema di pensiero:

 

Quello emerge da questo
questo dipende da quello
Che val quanto dire che questo
e quello si generano a vicenda.     (Zhuangzi)

Ogni singolo corpo,
che sia pieno oppure vuoto,
in attività o a riposo,
è in costante rapporto con l’universo
ed in perpetua comunicazione
con tutti gli altri esseri e le altre cose.   (Liezi)

Il mio corpo è unito al mio centro,
il centro è unito all’energia,
l’energia è unita allo spirito universale,
lo spirito universale è unito al mio essere.  (Liezi

 

La percezione della fondamentale unità dell’Universo non è però l’elemento portante solo del pensiero mistico;  è anche – e questo può apparire sorprendente- una delle più importanti acquisizioni della fisica moderna. Diviene evidente a livello atomico e si manifesta tanto più chiaramente quanto più si penetra in profondità nella materia, fino al mondo delle particelle subatomiche.

Nella meccanica quantistica – la teoria dei fenomeni atomici- i fisici si sono trovati di fronte all’idea sorprendente  della sostanziale e fondamentale interconnessione tra le cose della natura.

L’ interpretazione di Copenaghen della Meccanica Quantistica,  elaborata da Bohr e da Heisenberg verso la fine degli anni 20, costituisce ancora  oggi è il modello più largamente accettato di lettura dei fenomeni atomici.

Il dato più rilevante emerso in seno alla meccanica quantistica e cuore pulante dell’interpretazione di Copenaghen, è una fenomenale e inaspettata conferma di quanto i mistici i filosofi e i mistici hanno sperimentato intuitivamente nel corso dei secoli: esiste una connessione essenziale tra le cose e i fenomeni dell’Universo. Se il mondo non può essere scomposto in unità elementari con esistenza indipendente, l’Universo dovrà essere inteso non come collezione di oggetti fisici separati ma come una complicata rete di relazioni tra varie parti in un tutto unificato. Una straordinaria acquisizione frutto del pensiero e della scienza occidentali che si redime, almeno in parte, dall’accusa  di Tiziano Terzani:

“Questo è un concetto che la cultura occidentale ha dimenticato: tutto è uno! L’idea della dicotomia è profondamente sbagliata”

 

3. LA RECITA

È  un terreno delicato. Il Dr. Andreoli sostiene che gli italiani parlino troppo.  “Ah, che meraviglia: sto parlando, tutti mi dovete ascoltare”. È difficile dargli torto. Ma questo genera un paradosso. Per dire a qualcuno che sta parlando troppo occorre parlare – e aggiungere una voce al coro. Perfino Lao Tze, Eraclito e Buddha, di dubbia origine italiana,  non sono riusciti a starsene zitti. Io e il dr. Andreoli non potevamo essere da meno. Se la parola è d’argento, la lega del silenzio resta quella dell’oro. Ma vaglielo a spiegare agli italiani.

 

4. FEDE NEL MIRACOLO

Il problema è che gli esseri umani – e gli italiani- non hanno fede nel miracolo: sono idolatri e superstiziosi, e questa è un’altra cosa.

Proprio per questo Meister  Eckhart nella predica “Beati pauperes in Spiritu” invoglia i fedeli a “pregare Dio affinché li liberi da dio” (il primo maiuscolo, il secondo minuscolo). Dio è per Eckhart  totale ed indefinibile, essenza dell’ assoluto; dio un generico essere superiore, un “sovra-essere” dalle funzioni totemiche, idolatre e superstiziose a  cui l’uomo ricorre per “chiedere” e “delegare”.

Sono  propensi a scivolare nel ruolo di vittima, recalcitranti rispetto all’assunzione delle proprie responsabilità; inclini ad attribuire a forze esterne la colpa delle proprie sventure e a delegare ad un qualche deus ex machina – lo Stato, il Santo Patrono, il Gratta e Vinci, il dio di Meister Eckhart-  la soluzione delle proprie tragedie.

Vorrei ardentemente che gli esseri umani avessero davvero  fede nei miracoli. L’evoluzione del genere umano sarà l’esito di un miracolo – o non sarà affatto. È un miracolo i cui semi sono già stati seminati, le cui fondamenta sono già state gettate. Sono parte del nostro DNA, del nostro patrimonio genetico. E’ un miracolo in lento e doloroso divenire, che sfocerà in un balzo quantico della consapevolezza, nell’avvento su questa terra di un uomo oltre l’uomo, di una genìa evoluta e compiuta, che avrà ancora fame di  essere e desiderio ardente di divenire. Emissari, testimoni, indicatori del cammino sono già transitati su questo pianeta. Inascoltati, incompresi, fraintesi, idolatrati, crocefissi o strumentalizzati. Saggi e folli essi stessi.

Eraclito, Lao Tze, Buddha, Gesù Cristo, Maometto, Meister Eckhart, San Francesco. E poi i poeti, i mistici e i visionari di tutte le epoche e di tutte le latitudini. A cui si stanno affiancando negli anni più recenti gli studiosi più avanzati nel campo della fisica quantistica. Insieme ad alcuni psicologi, e uomini di buona volontà. Amen.


Adriano Legacci


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1 commento su “Gli uomini sono ancora bambini?”

  1. Non conoscevo il Dottor Andreoli, come nemmeno i 4 sintomi principali della malattia mentale italiana. Dottor Legacci, l’articolo mi è piaciuto molto, grazie.
    Dott.ssa Monia Ferretti

    Rispondi

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